Da vedere tra Goito e le Grazie

 

Approfondimento: 
RIVALTA SUL MINCIO
Testimonianze del volto storico di Rivalta si recuperano nella parte più antica dell’abitato, quella che si raccoglie a ridosso del fiume Mincio, secolare fonte di sostentamento delle popolazioni locali. Tralasciando il centro più moderno, converrà dunque aggirarsi fra le vecchie viuzze che un tempo si stringevano attorno al castello, fatto costruire da Matilde di Canossa ma demolito dai mantovani dopo la morte della Badessa. Oggi al suo posto sorge la chiesa settecentesca, dedicata ai Santi Donato e Vigilio, ma si riconoscono ancora alcune tracce dell’antico fossato. Una sosta a Corte Arrivabene consentirà invece di ammirare una tipica casa padronale del ‘700, immersa in un ampio giardino. Terminata la visita al borgo ci porteremo all’imbarcadero, da dove sarà possibile farsi traghettare fino al Santuario delle Grazie o partire per un’escursione al lago Superiore di Mantova. Proprio dal molo si cattura un’ampia vista della palude che da Rivalta si estende per circa otto chilometri, fin quasi a Mantova, e che costituisce la riserva naturale delle “Valli del Mincio”, una delle più importanti zone umide del nord Italia. L’area palustre, attraversata da una miriade di canali e specchi d’acqua, accoglie numerose specie botaniche anche rare – fiori di genziana, il nannufero o i fior di loto – e ospita una ricca fauna che annovera moltissime specie di uccelli: germani reali e svassi, gallinelle e folaghe, tarabusini, falchi e aironi.
Santuario delle Grazie di CURTATONE
A pochi chilometri dal centro di Curtatone si innalza l’ultima meta sacra del nostro cammino: è il Santuario della Beata Vergine delle Grazie, luogo di culto centenario, oggi come un tempo traguardo di schiere di pellegrini e oggetto della viva devozione delle popolazioni locali. Sin dal secolo XI si ha notizia di un altarino con l’immagine santa della Madonna con il Bambino, ai piedi della quale i pescatori della zona si riunivano in preghiera. Dopo qualche decennio la struttura originaria fu racchiusa in una cappella votiva con sacello, mentre alla fine del XIV secolo Francesco Gonzaga diede avvio alla costruzione del tempio, affidando l’esecuzione dei lavori all’architetto Bartolino da Novara, impegnato negli stessi anni a Mantova per la fabbricazione di Castel San Giorgio. La rinnovata veste architettonica, che tutt’ora si riconosce per essere uno dei maggiori monumenti del gotico lombardo, attirò folle sempre crescenti di fedeli: non solo povera gente, pii contadini e esponenti della nobiltà, ma anche l’imperatore Carlo V e papa Pio II. Le copiose offerte e le donazioni delle ricche famiglie mantovane consentirono, fra il 1412 e l’inizio del ‘500, la costruzione del convento, con la scuola, l’oratorio e la fornitissima biblioteca. A partire dal 1425, inoltre, il Marchese Federico Gonzaga volle organizzare proprio alle Grazie la tradizionale “fiera di Porto”, che dal 1521 in poi si svolse, con cadenza annuale, al riparo delle 52 arcate appositamente edificate. Ancor oggi, nel giorno di ferragosto, la caratteristica festa attira centinaia di visitatori che accorrono per ammirare le particolari esibizioni pittoriche dei Madonnari. Alla fine del ‘500 l’immagine del Santuario si era dunque costituita, con il grande chiesone che imposta sul largo piazzale lo slanciato profilo concluso da pinnacoli, con il porticato decorato da cornici in cotto, con le lunette illustranti storie della città di Mantova, e con il chiostro detto della Porta, l’unico rimasto dei quattro esistenti. I lavori continuarono ancora nel XVII secolo: nel 1642 fu aggiunta una nuova fila di portici, mentre per tutto il secolo si edificarono numerose cappelle private, che si alternano alle edicole cinquecentesche – fra cui quella di San Bonaventura, progettata da Giulio Romano. Con la fine del Settecento il convento fu sconsacrato, convertito in ospedale e privato della straordinaria collezione di ex voto, tesori e libri che erano stati raccolti in un lunghissimo arco temporale; all’inizio del secolo successivo si arrivò addirittura a smantellare buona parte del complesso architettonico. Eppure il santuario ha trovato il modo di rinascere. Chiunque vi si rechi non troverà un edificio in decadenza, ma un centro vitale di spiritualità e tradizioni popolari, che si perpetuano nella ricchezza di testimonianze devozionali conservate all’interno della basilica. Le pareti dell’alta navata gotica sono infatti ricolme di statue-manichini, oggi solo quaranta ma un tempo almeno il doppio, ospitate in altrettante nicchie. Si tratta di originalissime sculture in carta pesta, riproducenti a grandezza naturale uomini e soldati colti in varie pose e interamente abbigliati con indumenti – apposti questi all’inizio dell’800 – e armature, complete di armi e elmi, alcune delle quali sono risultate essere preziosissimi esemplari di corazze italiane del primo ‘400. Per la loro rarità e per l’eccezionale valore documentale, questi pezzi sono oggi custoditi nel Museo Diocesano Francesco Gonzaga di Mantova. Altri ex voto riempiono ogni spazio delle pareti e, in particolare, suscitano stupore i modellini anatomici in cera, mani, seni, cuori, che ci rammentano le sofferenze e gli scongiuri di chi al santuario veniva per implorare il miracolo. Su di loro, e su chiunque si rechi alle Grazie, veglia il coccodrillo impagliato sospeso alle volte della chiesa, lì apposto fra Quattro e Cinquecento quale temuto guardiano del tempio.