Da vedere tra Limone del Garda e Governolo

Desenzano
Arrivati nella città di Desenzano, si consiglia di iniziare la visita dal suggestivo Porto Vecchio, sul quale si affacciano bei palazzi signorili e l'antico Palazzo Comunale, costruito a fine '500 su progetto dell'architetto bresciano Giulio Todeschini. Dal Porto Vecchio si può sorgere da lontano, in posizione sopraelevata, anche il Castello, risalente al X sec., ma poi ampliato dalla Repubblica Veneta nel XV sec. e infine utilizzato dall'esercito italiano fino alla seconda guerra mondiale. Dietro il Palazzo Comunale si apre Piazza Malvezzi, circondata da bei portici in pietra bianca, dallo splendido ed incompiuto Palazzo del Provveditore veneto e dal Duomo di S. Maria Maddalena, entrambi progettati dal Todeschini. Il Duomo, eretto nel 1585 sui resti dell'antica pieve e caratterizzato da eleganti linee tardo-rinascimentali, conserva al suo interno numerosi capolavori: "L'Ultima Cena" di Giambattista Tiepolo (1743), il ciclo completo di 22 teleri con le storie di Maria Maddalena di Andrea Celesti, "Il Battesimo di Gesù" e "Le nozze mistiche di S. Caterina" sempre del Celesti e importanti dipinti di Zenon Veronese, Giambettino Cignaroli e Gian Andrea Bertanza. Da segnalare l'altare maggiore e il tabernacolo in marmi policromi intarsiati, capolavoro dei tagliapietre rezzatesi, con statue di Sante Calegari. Nelle vicinanze del Duomo si trova poi uno dei più importanti siti archeologici dell’Italia settentrionale: la Villa romana di Desenzano. Si tratta di un grande complesso di età tardo- antica, risalente al IV sec. d.C che presenta 200 mq di incredibili mosaici policromi ancora in situ, sistemi di riscaldamento, impianto di scolo delle acque, resti di pareti affrescate e numerose statue, attualmente esposte nell'Antiquarium.

San Martino
Sul colle più alto, immersa nel parco, svetta la torre di San Martino eretta per onorare la memoria di re Vittorio Emanuele II e dei combattenti impegnati per l’indipendenza e l’Unità d’Italia nelle battaglie dal 1848 al 1870. La costruzione iniziò nel 1880 e fu inaugurata il 15 ottobre 1893 alla presenza di una grande folla proveniente da tutta Italia. La struttura si caratterizza per la base a tamburo cilindrico rastremato, coronato da merli. All’interno il percorso, impreziosito da statue di bronzo ed affreschi di pregio che rievocano fatti e protagonisti del periodo risorgimentale, si snoda dalla sala di ingresso fino alla piattaforma superiore, dove si alza l'asta per la bandiera e un grande faro di notte irradia i colori della bandiera italiana. Da qui è possibile ammirare magnifici panorami sulla sottostante pianura.
Alle spalle della torre si trova il Museo inaugurato nel 1939, che conserva i cimeli della battaglia del 24 Giugno 1859 e della storia risorgimentale.
Seguendo un breve viale alberato, si giunge alla Chiesa Ossario, inaugurata nel 1870. La facciata della cappella è decorata da tre mosaici eseguiti da artisti del laboratorio Salviati di Venezia. All’interno, l'abside custodisce 1274 teschi, mentre nella cripta sono deposte le ossa di 2619 caduti.

Pozzolengo
Il nostro itinerario ci porta a Pozzolengo, dove vi suggeriamo una visita all’imponente Chiesa di San Lorenzo. L’edificio, risalente al 1510, subì alcuni ampliamenti nel 1740, con la trasformazione della pianta a croce latina, l’aggiunta di una cupola centrale e la conseguente costruzione delle trentasei colonne cilindriche marmorizzate con capitelli in stile corinzio. All’esterno troviamo la facciata, in stile neoclassico, con ampio finestrone centrale riportato alla luce solo nel 2004 e portale in bronzo. Al suo interno, possiamo ammirare l’organo Antegnati del 1608 e numerose opere di pregio, tra le quali il Redentore del Brusasorci e la tela del Celesti posta nell’altare della Madonna del Carmine.
Di grande impatto è anche il Castello medievale di Pozzolengo, risalente al IX-X secolo e ristrutturato nel XVI secolo, posto sul monte Fluno. Si tratta di un vero e proprio borgo fortificato a pianta trapezoidale con mura a merlatura guelfa, sui cui lati sono state inserite numerose torri cilindriche e una torre quadrata, adibita a torre campanaria.
Nel centro di Pozzolengo in piazza Don Gnocchi è collocata Villa Albertini, già Villa Pietro Keller, palazzo ottocentesco. L’edificio presenta un portico a cinque archi, sale riccamente decorate e un imponente balcone che si affaccia sul parco.

Ponti sul Mincio
A Ponti sul Mincio è d’obbligo una tappa al Castello Scaligero, edificato tra il 1260 e il 1276, a difesa del territorio e ad osservazione della vasta valle precedente il Lago di Garda. La struttura è definita “castello recinto”, racchiuso entro cinque torri, due delle quali chiuse da mura, e le altre tre costituenti rientranze del camminamento di ronda.
Appena fuori dal centro del paese, troviamo il Forte Ardietti eretto negli anni 1856-1861 e compreso nel sistema di difesa territoriale del quadrilatero austriaco. La struttura, ottagonale, è costruita in murature a secco.

Monzambano
Il percorso prosegue seguendo le sponde del fiume Mincio. Qui incontriamo l'antico borgo di Monzambano, posto su una collina alta circa 90 metri. A dominare il paesaggio vi sono le torri e mura di un antico castello, uno degli esempi più intatti e completi di architettura castellana del Mantovano. Sebbene l’origine sia ancora incerta, si suppone che un primo nucleo fosse presente alla fine del IX e X secolo. La struttura, per come la vediamo oggi, risale al dodicesimo secolo. L'impianto è quello del castello-recinto con pianta poligonale, che segue la conformazione orografica del terreno; ancora visibili le torri edificate in ciottoli e mattoni. L'accesso si trova sul fronte verso il borgo, protetto da una bassa torre con chiusura a doppio battente, in parte conservata, che un tempo serviva per l'abbassamento della passerella e del ponte levatoio antistanti, oggi scomparsi. All'interno assieme a molti appezzamenti, coltivati a orto e vigneto, sorgono alcune abitazioni private e il piccolo oratorio di San Biagio.
Di particolare interesse la Chiesa di San Michele Arcangelo edificata nella prima metà del XVIII secolo, su una struttura preesistente. La struttura è di stile tardo barocco, la facciata è formata da due ordini sovrapposti di lesene poggiati su un basamento lapideo, culminanti in un timpano centrale sul quale è posta la statua di San Michele.

Borghetto di Valeggio sul Mincio
Borghetto, frazione di Valeggio, è una località romantica e suggestiva, dove le acque del Mincio indugiano silenziose tra anse e canneti o risuonano in piccole cascate e, al tempo stesso, vivono in perfetta simbiosi con il paesaggio urbano. L’area sulla quale sorge l’abitato fu abitata fin dalla preistoria, grazie alla presenza di un guado per l’attraversamento del fiume, e diventò in età romana e longobarda un’importante zona di passaggio. Nel XIII sec. gli Scaligeri costruirono vicino al guado un primo ponte di legno e circondarono Borghetto di mura fortificate, delle quali oggi resta solo la Torre d’ingresso. Nel 1393 Gian Galeazzo Visconti fece innalzare, accanto al ponte ligneo scaligero, il grandioso ponte-diga fortificato (lungo 650 mt. e largo 25 mt.) che modificò il corso del Mincio e rese impraticabile l’antichissimo guado. Il ponte-diga venne poi raccordato al Castello di Valeggio - visibile in posizione sopraelevata - mediante due alte cortine murarie. A partire dal XV sec, durante la dominazione veneziana, tra il ponte-diga visconteo e il ponte scaligero sorsero numerosi mulini ad acqua per la macinazione dei cereali e per la molitura del riso. Si tratta di edifici costruiti con ciottoli di fiume e mattoni in cotto, oggi importanti testimonianze di archeologia industriale, che conservano le ruote idrauliche originarie, con le pale e gli ingranaggi in legno e ferro recentemente restaurati e ancora perfettamente funzionanti. Accanto alle ruote idrauliche si nota, inoltre, una serie di interessanti manufatti per la regolazione delle acque, quali sbarramenti, chiuse e saracinesche. Da segnalare, infine, all’interno del borgo la settecentesca Chiesa di S. Marco Evangelista, ricostruita sui resti della Pieve romanica di S. Maria risalente all’XI sec. (accanto alla pieve esisteva anche un piccolo monastero che dava ospitalità ai viandanti e ai pellegrini che attraversavano il Mincio).

Valeggio sul Mincio
La cittadina di Valeggio è dominata dall’imponente mole del Castello, che dalla sommità di una collina controlla buona parte della valle del Mincio. La parte più antica del fortilizio è la torre circolare, databile al XII sec. e facente parte del primo castello-ricetto nel quale si rifugiavano gli abitanti in caso di pericolo. Nel XIV sec. il Castello fu requisito dagli Scaligeri e trasformato in rocca militare con l’aggiunta delle torri quadrangolari e del “Serraglio”. Il “Serraglio” - grandiosa costruzione della quale restano oggi solo pochi ruderi sparsi nelle campagne veronesi - era una cortina muraria lunga 16 km intervallata da torri difensive. La cortina, che partiva dal Castello di Valeggio e terminava a Nogarole Rocca, serviva a difendere lo stato scaligero dalle mire espansionistiche dei Gonzaga. A fine ‘300, dopo che Gian Galeazzo Visconti fece costruire il grandioso ponte-diga di Borghetto, il Castello venne raccordato a quest’ultimo tramite due alte muraglie. Solo nel 1595, sotto il dominio della Serenissima, il Castello venne restituito definitivamente alla comunità di Valeggio. Nel centro storico si segnalano la Parrocchiale di San Pietro in Cattedra, eretta nel 1753 sui resti di una pieve romanica del XII sec. e il settecentesco Palazzo Guarienti, di stile neoclassico, che nel 1796 ospitò Napoleone Bonaparte. Da non perdere, infine, il Parco Giardino Sigurtà, che si estende su una superficie di circa 50 ettari ed è considerato uno dei cinque giardini più belli del mondo, con il suo immenso tappeto erboso, i numerosi laghetti con pesci tropicali e le 5 spettacolari fioriture annuali (tulipani, iris, rose, ninfee e aster). Già nel XV sec. In questa zona esisteva una prima dimora patrizia circondata da terreni, orti e boschi recintati, che venne acquistata nel 1626 dalla famiglia Maffei. Nel corso del XVII sec. i Maffei ridussero progressivamente i terreni agricoli in favore di un grande giardino ad uso esclusivo dei proprietari e degli ospiti. Nel 1692 fecero costruire anche la bella Villa adiacente all’ingresso, che presenta una loggia sormontata da un timpano triangolare - pregevole opera di Vincenzo Pellesina, allievo del Palladio. Nel 1859 Villa Maffei ospitò l’Imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria e, dopo la battaglia di Solferino e S. Martino, il quartier generale di Napoleone III. Dal XIX sec. in poi la vasta proprietà subì un lungo periodo di declino, finché venne acquistata da Giuseppe Carlo Sigurtà nel 1941. L’industriale milanese, avvalendosi di un antico diritto concesso ai Maffei di usare le acque del Mincio, recuperò a poco a poco le piante secolari del giardino (tra le quali la grande quercia del XV sec.) e migliaia di preziosi buxus, e riuscì a creare un parco lussureggiante fatto di giardini acquatici, di boschetti popolati da piccoli animali e di meravigliosi viali fioriti.
Pozzolo, frazione di Marmirolo, merita una citazione la Parrocchiale dedicata alla Natività della Vergine, completamente rifatta nel 1768 sui resti di una più antica, che custodisce dipinti cinquecenteschi di Paolo Farinati e una notevole scultura trecentesca raffigurante la Madonna col Bambino.

Marengo
A Marengo, sempre in territorio di Marmirolo, si segnalano la Chiesetta di S. Valentino e Palazzo Custoza Tazzoli, che è circondato da un parco lussureggiante e che conserva al suo interno pregevoli affreschi della scuola di Giulio Romano. Nei pressi del Palazzo si trova il cosiddetto “Giardino della ghiacciaia”, perché qui si trova un manufatto di grande interesse risalente al 1581 e costituito da un vano sotterraneo in muratura ricoperto da una montagnola di terra, perfetto per conservare il ghiaccio accumulato nei mesi invernali.

Marmirolo
Strettamente legato alle vicende della famiglia Gonzaga, il borgo di Marmirolo era protetto da mura fortificate, delle quali resta solo l’attuale Torre Civica. Nel XIII sec. i Gonzaga costruirono all’interno dell’abitato il loro castello, in seguito trasformato in palazzo signorile. Nel XV sec, però, questo primo castello-palazzo fu ritenuto troppo modesto, perciò i Signori di Mantova ne fecero costruire un altro, molto più grande e sfarzoso, appena fuori dalle mura. Purtroppo il XVIII sec. segnò la fine delle due importanti residenze : a causa dell’estinzione dei Gonzaga, vennero dapprima devastate dai soldati che combatterono la guerra di successione spagnola, dopodichè il governo austriaco ne decise la completa demolizione.
Da segnalare, nel centro storico di Marmirolo, la Parrocchiale dei SS. Filippo e Giacomo, fondata nel 1279 ed ampliata varie volte. La chiesa, che conserva due importanti dipinti di Fra’ Semplice, venne riedificata nelle attuali forme barocche intorno alla metà del ‘700 utilizzando materiali di riuso delle antiche mura difensive.

Parco delle Bertone
II Parco delle Bertone, che si trova nel territorio di Goito, è proprietà privata della “Fondazione D’Arco”, ma è gestito dal Parco del Mincio e, quindi, fruibile al pubblico. L’appellativo “delle Bertone” deriva dal nome della famiglia De Bertoni, che nel XVI sec. era proprietaria di questa zona boschiva e la utilizzava come riserva di caccia. Il Parco-giardino attuale, invece, risale al XIX sec. quando la famiglia D’Arco, dopo aver acquisito la tenuta, introdusse piante esotiche accanto alle essenze autoctone e all’ampio querceto originario. L’angolo più suggestivo del Parco è il laghetto con isoletta centrale dove la vegetazione si è sviluppata in modo del tutto naturale, senza l’intervento dell’uomo. All’interno della Riserva Naturale si trova anche l’ottocentesca Villa D’Arco, che fu residenza estiva della nobile casata.

Bosco della Fontana
Il Bosco della Fontana - oggi Riserva Naturale Orientata - appartiene al territorio di Marmirolo ed ha un’estensione di circa 230 ettari. La folta vegetazione di querce e carpini nasconde un intrico di viali fiancheggiati da corsi d'acqua, che sono alimentati da sorgive naturali. Ancora oggi popolato da tassi, cinghiali, volpi e lepri, questo Bosco era la riserva di caccia esclusiva della famiglia Gonzaga, che nel 1592 fece realizzare, in mezzo al bosco, la splendida Palazzina di Caccia. L’edificio a pianta rettangolare - opera di Giuseppe Dattari - è circondato da un ampio fossato e munito di torri angolari rotonde e presenta, al centro dei due lati maggiori, quattro colonne giganti sormontate da un timpano triangolare, che danno origine ad un’unica loggia aperta.
Dietro la facciata posteriore della Palazzina si trovano un’elegante fontana (che dà il nome alla riserva) e poco più in là, dentro il bosco, i ruderi dell’Eremo dei Camaldolesi, voluto dai Gonzaga nel 1633 su progetto di Nicolò Sebregondi. L’eremo era circoscritto da un muro e al suo interno si trovavano una chiesa, due file di celle per gli eremiti e un villino utilizzato dai Gonzaga per ritirarsi in preghiera - purtroppo alla fine del XVIII sec. l’intero complesso venne totalmente demolito.

Cittadella
Prima di raggiungere Mantova, si attraversa la località Cittadella, un tempo avamposto militare a difesa della città. Dell’antico e imponente sistema difensivo costruito dai Gonzaga oggi resta solo la bellissima Porta Giulia, disegnata da Giulio Romano.
Lasciata Cittadella alle spalle, si oltrepassa il cosiddetto “Ponte dei Mulini” e si intravedono i tre laghi che circondano Mantova : superiore, di mezzo e inferiore. Questi laghi non sono naturali, ma vennero creati artificialmente dall’ingegnere Alberto Pitentino alla fine del XII sec, con lo scopo di proteggere la città sia dalle esondazioni del Mincio, sia dai nemici. Il Pitentino fece costruire tra Cittadella e Mantova un’imponente ponte-diga, che originò dapprima il lago superiore e in seguito altri tre laghi (il quarto lago che cingeva Mantova venne totalmente prosciugato nel XVIII sec. per favorire lo sviluppo urbano). Il dislivello creato dal ponte-diga tra il lago superiore e il lago di mezzo permise di collocare sul ponte stesso una serie di mulini, dai quali prese il nome. Purtroppo la grandiosa opera di ingegneria idraulica del Pitentino venne distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e sostituita dal ponte attuale.

Laghi di Mantova
Poco oltre l’abitato di Grazie di Curtatone, il fiume si allarga sino a formare il primo dei tre laghi che abbracciano Mantova, rispettivamente Superiore, di Mezzo ed Inferiore, dai quali è possibile ammirare l’inconfondibile profilo monumentale della città. L’attuale assetto idraulico risale al 1190, ad opera di Alberto Pitentino, che ancora oggi permette di regolare il corso del fiume Mincio attorno alla città. Le aree verdi lungo le rive dei tre laghi sono state trasformate e attrezzate da tempo in “parco periurbano”. Qui gli appassionati di tematiche scientifiche hanno l’occasione di sperimentare il Sentiero della Scienza, che costeggia il lago di Mezzo, spazio didattico attrezzato con dispositivi interattivi che diventa luogo di scoperta e socializzazione. Lungo il percorso c’è una serie di attracchi dove è possibile imbarcarsi per la navigazione dei tre laghi o in altre località come Governolo, San Benedetto Po, Venezia e Chioggia.

Mantova
Ecco stagliarsi davanti a noi l’inconfondibile e suggestivo profilo di Mantova, fatto di castelli, torri e cupole che sembrano emergere dall’acqua come per incanto. Da Porta S. Giorgio si entra immediatamente nel cuore di Mantova: Piazza Sordello, l’ampio e scenografico piazzale voluto dalla dinastia dei Gonzaga. Lo spazio aperto occupato dalla Piazza coincide a grandi linee con quello dell’agglomerato urbano di epoca etrusca e con il reticolo di vie ortogonali caratteristico della città in età romana. Durante il medioevo quest’area fu anche teatro delle aspre lotte di potere tra le famiglie Bonacolsi (signori di Mantova dal 1272 al 1328) e Gonzaga (che dominarono la città dal 1328 al 1707).
Sul lato orientale della piazza prospettano due grandiosi palazzi, caratterizzati da portici a pianterreno e da una serie di monofore e bifore in facciata : il Palazzo del Capitano, coronato da merli ghibellini, e la Magna Domus, che corrispondono ai fabbricati più antichi della Corte gonzaghesca. Fatti erigere dai Bonacolsi alla fine del ‘200, diventarono nel XIV sec. proprietà dei Gonzaga, i quali iniziarono proprio da qui la costruzione della loro immensa reggia. La fastosa Corte - chiamata anche Palazzo Ducale - è una cittadella eterogenea, che si sviluppa su circa 34.000 mq e comprende più di 500 ambienti, dislocati tra palazzi, chiese, strade, piazze e giardini (alcuni addirittura pensili). Abitato dai Gonzaga tra il XIV e il XVIII sec., il Palazzo Ducale non risponde ad un progetto unitario, ma è il risultato del gusto e dei desideri dei singoli Signori di Mantova. Alla straordinaria fioritura culturale della Corte parteciparono artisti di primo piano quali Pisanello, Andrea Mantenga, Giulio Romano, Luca Fancelli, Giovan Battista Bertani e Antonio Maria Viani. Dopo l’estinzione del ramo principale della casata e il sacco di Mantova del 1630, la reggia visse un lungo periodo di declino. Per quanto sia ancora magnifico, il Palazzo Ducale che vediamo oggi è il risultato delle profonde trasformazioni che vennero operate nel XVIII e XIX sec. e che ne dimezzarono l’estensione originaria. E’ impossibile descrivere in poche righe tutti gli affreschi, dipinti, stucchi, statue, arredi, tarsie lignee e marmoree che decorano il Palazzo, pertanto segnaliamo qui di seguito solo gli edifici più prestigiosi quali il Palazzo del Capitano, con gli affreschi del Pisanello e le importanti decorazioni tardo gotiche; la Domus Magna, che conserva la famosissima pala di Pietro Paolo Rubens raffigurante “La famiglia Gonzaga in adorazione della SS. Trinità” e la preziosa serie di arazzi di manifattura fiamminga del XVI sec. realizzati su cartoni di Raffaello; della Domus Magna fa parte anche la spettacolare Galleria degli Specchi, aggiunta da Antonio Maria Viani nel ‘600. Imperdibile è poi il Castello di S. Giorgio, vera e propria fortezza progettata da Bartolino da Novara ed eretta tra il 1390 e il 1406 per volontà di Francesco I Gonzaga. Dotato di quattro torrioni angolari e circondato da un profondo fossato, il Castello custodisce la celeberrima “Camera degli Sposi” dipinta da Andrea Mantegna tra il 1465 e il 1474, su commissione del marchese Ludovico II Gonzaga. Segnaliamo inoltre la Domus Nova, opera di Luca Fancelli (allievo del Brunelleschi) e la Corte Nuova e la Rustica, entrambe progettate da Giulio Romano. Infine si consiglia di visitare la Chiesa palatina di S. Barbara, terminata nel 1572 e contraddistinta in facciata dall’elegante portico. L’interno presenta pianta a croce greca sovrastata da due cupole, presbiterio sopraelevato e un’ampia cripta a tre navate. Sul lato settentrionale di Piazza Sordello si erge invece l’imponente Cattedrale di S. Pietro, già esistente nel XI sec. e rifatta più volte, tanto che oggi appare come una singolare sovrapposizione di stili: il bellissimo campanile è romanico, il lato con guglie e pinnacoli in cotto è gotico, l'interno è rinascimentale, mentre la facciata in marmo bianco è di stile neoclassico. Lo straordinario interno a cinque navate, realizzato da Giulio Romano nel 1545, custodisce oltre alle spoglie di S. Anselmo (consigliere di Matilde di Canossa e patrono di Mantova), pregevoli affreschi e dipinti riconducibili alle scuole del Mantenga e dello stesso Giulio Romano. Notevoli anche il soffitto a cassettoni in legno intagliato e dorato, la cupola ottagonale e la Cappella dell’Incoronata, aggiunta nel 1480 su progetto di Luca Fancelli. Dietro il Duomo si segnala la presenza di un interessante edificio quattrocentesco che viene tradizionalmente considerato la Casa del Rigoletto, lo sventurato buffone del Duca di Mantova protagonista di un’opera di Giuseppe Verdi. Di fronte al Palazzo Ducale si affaccia un gruppo di palazzi coronati da merli e noti col nome di Palazzi Bonacolsiani poichè sorgono sui terreni acquistati da Pinamonte Bonacolsi nel 1281; tuttavia la loro sistemazione attuale diq uesti prestigiosi fabbricati avvenne tra il XIV e il XV sec, in età ormai gonzaghesca. Fa eccezione l’alta Torre della Gabbia, eretta ai primi del ‘300 e detta “della gabbia” perché nel XVI sec. fu dotata di un gabbione esterno in ferro che fungeva da gogna pubblica per i criminali. Uscendo da Piazza Sordello, si oltrepassa il Voltone di S. Pietro, che in epoca romana era la porta meridionale della città. A questo punto si consiglia di svoltare a sinistra in Via dell’Accademia e di fare una piccola deviazione per vedere il Palazzo dell’Accademia Virgiliana, rifatto in forme neoclassiche nella seconda metà del ‘700 su progetto di Giuseppe Piermarini. Al suo interno si ammira il famoso Teatro Scientifico, realizzato dall'architetto Antonio Galli Bibiena nel 1769 e caratterizzato dall’originale pianta “a campana” senza palcoscenico. Il Teatro, infatti, venne concepito sia per concerti musicali sia per incontri culturali e scientifici (dai quali deriva appunto il nome). Il capolavoro tardo-barocco del Bibiena venne inaugurato da un concerto del quattordicenne Wolfgagng Amadeus Mozart, accompagnato a Mantova dal padre appositamente per questo evento. Ritornati al Voltone di S. Pietro, giriamo stavolta a sinistra in Via Broletto, antica via caratterizzata da una lunga fila di portici con colonne e capitelli di stili ed epoche diverse e sulla quale prospettano, nell’ordine, Piazza Broletto e Piazza Erbe. Su Piazza Broletto si affaccia il bel Palazzo del Podestà, il più antico edificio pubblico di Mantova, eretto nel 1227. Al centro della facciata si nota la cosiddetta Edicola di Virgilio, dove campeggia una statua del grande poeta latino, che è raffigurato seduto in cattedra e protetto da un baldacchino di pietra bianca abbellito da decorazioni in cotto. Sulla destra del Palazzo si erge la Torre Comunale, un tempo sede delle carceri, mentre sulla sinistra si trova l’Arengario, una grande arcata trecentesca sormontata da trifore e da una galleria aperta, dalla quale venivano proclamate le sentenze. In un'ala del Palazzo del Podestà è ospitato il Museo Tazio Nuvolari, inaugurato nel 1985 su disposizione testamentaria del pilota, che donò il suo patrimonio sportivo all'Automobile Club di Mantova. Qui sono esposte coppe, targhe, trofei e la ricca collezione di medaglie d'oro, nonché parti di auto e lettere autografe del celeberrimo “mantovano volante”. Il Museo comprende anche una sezione dedicata a Learco Guerra, il ciclista campione del mondo e protagonista dello sport mantovano insieme a Tazio Nuvolari. L’adiacente Piazza Erbe, dove si svolge il tradizionale mercato del giovedì, è dominata dal Palazzo della Ragione, antica sede del tribunale e delle autorità giudiziarie. Il Palazzo, databile al 1250 circa, è caratterizzato da una serie di trifore e dal bel portico aggiunto nel ‘400, mentre al suo interno si conservano pregevoli affreschi del XIII sec. L’adiacente Torre dell’Orologio venne eretta alla fine del XV sec. su progetto di Luca Fancelli: sulla facciata si notano lo splendido orologio meccanico datato 1493 (ancora funzionante) e la nicchia con la statua della Vergine Immacolata.
Vicino alla Torre sorge una delle chiese più antiche di Mantova, la Rotonda di S. Lorenzo, voluta da Matilde di Canossa nel 1082 ad imitazione del Santo Sepolcro di Gerusalemme. L’esterno presenta un’elegante decorazione in cotto ad archetti pensili, mentre l’interno è caratterizzato da un matroneo sopraelevato e da tracce di affreschi di scuola bizantina dell’XI e XII sec. Sul lato opposto alla Rotonda, Piazza Erbe è chiusa dalla duecentesca Torre del Salaro, così chiamata perché ospitava il magazzino del sale, e dalla bella Casa del Mercante, costruita nel 1455 da un certo Boniforte da Concorezzo e contraddistinta dalle raffinate decorazioni in cotto a girali, colonnine tortili, lunette traforate e archetti pensili. Sull'architrave in pietra del porticato si possono ancora vedere le raffigurazioni di ciò che il mercante vendeva : bottoni, fibbie, guanti, tessuti e armi. Lasciata Piazza Erbe alle spalle, si arriva nella piccola Piazza Mantegna dove si ammira la maestosa facciata della Basilica di S. Andrea, che sorge, secondo la tradizione, sul luogo in cui fu nascosta la Reliquia del preziosissimo Sangue da parte di Longino (il soldato romano che ferì Gesù al costato). Nell’XI sec. su quest’area venne eretto un Monastero Benedettino dedicato a S. Andrea, ma nel 1470 Ludovico II Gonzaga lo fece demolire e incaricò Leon Battista Alberti di progettare una chiesa degna di custodire la venerata reliquia. La bella facciata, di stile pienamente rinascimentale, presenta al centro un grande arco trionfale ispirato alla classicità, sormontato da un timpano triangolare e affiancato da nicchie. La facciata si addossa al bellissimo campanile in cotto (datato 1414 e sopravvissuto alla demolizione del precedente monastero) ingentilito da trifore, monofore ed eleganti decorazioni. La Basilica è costituita da un’unica navata con volta a botte decorata a finti cassettoni e con cupola centrale alta circa 80 mt. Esattamente sotto la cupola si trova la Cripta, ampia chiesa sotterranea a croce greca aggiunta nel ‘600, al centro della quale si trova un tempietto contenente i Sacri Vasi. Nella Basilica si possono ammirare anche la Cappella funeraria di Andrea Mantegna, interamente progettata dall’artista ed eseguita dalla sua bottega, due mausolei disegnati da Giulio Romano, nonché numerosi affreschi e dipinti di scuola mantegnesca e giuliesca. Partendo da Piazza Mantegna e proseguendo lungo Via Verdi, si raggiunge Piazza Canossa, sulla quale si affacciano il seicentesco Palazzo Canossa e la pregevole Edicola Liberty di proprietà del FAI. Poco più in là si arriva fino a Piazza D’Arco, dominata dalla grandiosa mole neoclassica di Palazzo D’Arco, fatto costruire dalla nobile famiglia trentina alla fine del ‘700 e raccordato a due preesistenti fabbricati cinquecenteschi. Lo splendido Palazzo, che ospitò il giovane Mozart in occasione dell’inaugurazione del Teatro Scientifico, appartiene alla Fondazione D’Arco ed è oggi una Casa-Museo aperta al pubblico nella quale si possono ammirare splendidi arredi sette e ottocenteschi, grandi cicli affrescati del XVI sec. e le preziose collezioni di famiglia. All’inizio di Via Scarsellini, si nota il vasto complesso francescano costituito dalla splendida Chiesa di S. Francesco e dall’antico Convento che, in seguito alle soppressioni napoleoniche, attraversarono un periodo di lunga decadenza e subirono i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Il complesso, accuratamente restaurato e ripristinato nelle forme originarie, è oggi sede dell’Università degli Studi di Mantova. La Chiesa venne eretta all’inizio del XV sec. per volontà della famiglia Gonzaga, che la scelse come luogo di sepoltura. La facciata, di linee essenziali, presenta un pregevole portale in pietra bianca e rosa, un bellissimo rosone centrale, decorazioni in cotto sotto il tetto e intorno ai pinnacoli. L’interno è suddiviso in tre navate da pilastri in cotto e conserva, nell’antica cappella funeraria dei Gonzaga, pregevoli affreschi trecenteschi con scene della vita di S. Francesco. Partendo sempre da Piazza Mantegna e proseguendo diritti per Via Roma e Via Principe Amedeo, si incrocia ad un certo punto Via Poma, dove è ubicata la Casa di Giulio Romano. Totalmente progettata dall’artista e sua ultima dimora dal 1540 al 1546, il Palazzo presenta una splendida facciata in pietra bugnata e cotto ornata da stucchi. L’ingresso principale è sormontato da una nicchia dove è collocata una scultura di età romana raffigurante il dio Mercurio. Ritornando in Via Principe Amedeo e proseguendo lungo Via Acerbi, si arriva stavolta alla Casa del Mantegna, costruita dal grande artista a partire dal 1476 su un terreno donatogli da Ludovico II Gonzaga e oggi adibita a spazio espositivo La singolare e originale costruzione, progettata dallo stesso Mantegna, si presenta come un cubo dentro il quale è perfettamente inserito un cortile cilindrico. Intorno al cortile, dove si intravedono tracce di decorazione ad affresco, si sviluppano e si affacciano le varie stanze della casa. Di fronte alla Casa del Mantegna si erge la Chiesa di S. Sebastiano, progettata da Leon Battista Alberti nel 1460 e realizzata qualche anno dopo da Luca Fancelli. L’edificio originario era composto da due fabbricati sovrapposti: una chiesa con ingresso laterale (attraverso la loggetta rinascimentale visibile ancora oggi) e una Cripta alla quale si accedeva tramite cinque archi sormontati da altrettante finestre. Nel XX sec. il progetto dell’Alberti venne stravolto dall’aggiunta delle scale laterali e trasformato in Mausoleo ai Caduti per la Patria.
Nelle immediate vicinanze si trova il Palazzo di S. Sebastiano che, eretto tra il 1506 e il 1508, fu affrescato, sia sulle facciate sia nelle sale interne, da un folto gruppo di artisti, tra i quali figurava Dosso Dossi. Gli antichi fasti dell’edificio sono testimoniati dall’elegante colonnato del piano terra e dai saloni con decorazioni e fregi raffiguranti finti marmi, imprese gonzaghesche, girali, piante rampicanti, paesaggi d’acqua e alcune vedute di città. Dopo essere stato adibito per lungo tempo a caserma e ospedale, il Palazzo è stato recentemente restaurato e ospita il Museo della Città, nel quale sono esposte pregevoli sculture e dipinti che decoravano sia l’arredo urbano cittadino sia dimore signorili private. Di fronte al Palazzo di S. Sebastiano, oltre l’ampio Viale Risorgimento, si staglia Palazzo Te, capolavoro assoluto di Giulio Romano commissionato al grande artista, tra il 1525 e il 1535, da Federico II Gonzaga che desiderava una villa di rappresentanza in grado di suscitare ammirazione e stupore negli ospiti. Interamente ispirato alla classicità romana il Palazzo, che si imposta su pianta quadrata, gravita intorno al cortile d’onore e presenta facciate in finto bugnato, caratterizzate da nicchie e finestre incorniciate da lesene e semicolonne. L’interno si sviluppa in un succedersi di splendide sale arricchite da soffitti lignei, policromi e dorati, ed affreschi raffiguranti le imprese dei Gonzaga, soggetti mitologici e politici e splendidi scorci paesaggistici. In particolare si segnalano la Sala dei Cavalli (con i ritratti a grandezza naturale delle razze equine allevate dai Gonzaga), la Sala del Sole, la splendida Sala di Amore e Psiche e la famosissima Sala dei Giganti, affrescata dallo stesso Giulio Romano. Le pareti sono totalmente coperte da un’unica grande scena raffigurante Giove che scatena fulmini contro i Titani. Uscendo dalla Loggia di Davide si ammira la facciata posteriore del Palazzo, che si riflette in due grandi “peschiere” e che introduce all’ampio giardino chiuso sul fondo da un’esedra. A destra dell’esedra si aprono le Fruttiere, aggiunte nel ‘600 e oggi adibite a sede espositiva, mentre a sinistra si trova lo strepitoso “Appartamento della grotta”, che riproduce una villa romana in miniatura affrescata con decorazioni a grottesche, vedute prospettiche e scene mitologiche. Al suo interno si trova anche la bellissima grotta-ninfeo che originariamente era ornata da statue in bronzo, mosaici, conchiglie, madreperle e fontane che creavano giochi d’acqua, spruzzi e zampilli in ogni direzione.Uscendo da Palazzo Te si svolta a destra in Viale Risorgimento e poi a sinistra in Via Garibaldi, dove si incrocia Via Gradaro ove sorge l’antichissima Chiesa di S. Maria del Gradaro che, secondo la tradizione locale, sarebbe stata fondata in età tardo-antica sul luogo del martirio di Longino e il cui nome “Gradaro” avrebbe origine dalla presenza di creta, della quale la zona era molto ricca. L’edificio, databile al 1250 circa, presenta una semplice facciata a capanna arricchita dal portale e dal rosone centrale in pietra bianca e rosa. L’interno è suddiviso in tre navate da colonne e pilastri quadrangolari in cotto e nell’abside si ammira uno splendido affresco del XIII sec. di linee bizantineggianti che rappresenta “L’Ultima Cena”. Anche sulle pareti laterali si conservano lacerti duecenteschi di una raffinata decorazione floreale e di un affresco raffigurante “Cristo fra Santi e Profeti”, entrambi di marcato gusto orientale. Purtroppo questa prima decorazione venne danneggiata dall’aggiunta di una serie di eleganti cappelle rinascimentali. A ridosso della Chiesa si trova l’antico Monastero Benedettino maschile, soppresso alla fine del ‘700 e trasformato prima in caserma e poi in polveriera del quale resta ancora un bel chiostro quattrocentesco. Per raggiungere Piazza Virgiliana, dal sagrato di S. Maria del Gradaro si deve ritornare in Via Garibaldi e proseguire in Via Trieste. Alla fine della via, si gira a destra in Via Fondamenta e si continua sul Lungolago dei Gonzaga. Si fiancheggia il Lago Superiore, passando davanti al Palazzo Ducale, e si prosegue per Viale Mincio, finché si arriva in Piazza Virgiliana. La spaziosa Piazza Virgiliana fino al XVIII sec. era in realtà un’insenatura del lago di Mezzo, sulla quale si affacciavano un porto e il Monastero agostiniano di S. Agnese. A partire dal 1735 iniziarono le opere di interramento della baia e nel 1797, per volere di Napoleone Bonaparte, venne creata una Piazza dedicata a Virgilio. Il monumento con la statua in bronzo del poeta, invece, venne sistemato nelle forme attuali solo nel 1927. Tra i vari edifici di stile neoclassico che si aprono sulla Piazza campeggia il prestigioso ex-Monastero di S. Agnese, fondato nel XIV sec. e che, dopo le soppressioni napoleoniche, subì una lunga serie di trasformazioni e demolizioni, che non risparmiarono neppure la chiesa. Riscattato dalla Diocesi nel XX sec., dopo attenti restauri, l’antico convento è diventato sede del Museo Diocesano di Mantova. Oltre a numerosi oggetti e arredi sacri, il Museo espone opere d’arte di valore inestimabile, come il gruppo più numeroso esistente al mondo di armature italiane quattro e cinquecentesche, splendidi arazzi rinascimentali, la più importante collezione mondiale di smalti di Limoges e, infine, gli ori dei Gonzaga.

Approfondimento: 
VAPRIO D’ADDA
Eccellenti dimore signorili nobilitano l’abitato di Vaprio d’Adda, località che si distende lungo la riva del fiume in un piacevolissimo contesto ambientale. Le più rilevanti sono Villa Castelbarco, oggi importante sede espositiva, e la rinascimentale Villa Melzi, che volge la limpida facciata ai terrazzamenti dello scenografico giardino. Secondo alcune cronache, tra 1506 e 1513 Leonardo da Vinci sarebbe stato illustre ospite della villa e, proprio in quest’arco di tempo, avrebbe iniziato al mestiere dell’arte il suo amato discepolo Francesco Melzi; opera di quest’ultimo è l’affresco del Madonnone, che si trova nella galleria al primo piano dell’edificio. Nel cuore cittadino si innalza la mole neoclassica della Parrocchiale di San Nicolò, realizzata fra 1816 e 1817 su disegni di Luigi Cagnola e caratterizzata dal solenne pronao esastilo; l’edificio, che conserva un celebre organo Bernasconi, prospetta fieramente sull’antistante piazzale semicircolare, appositamente creato per dare maggior respiro al monumento. L’abitato reca altre strutture sacre, di proporzioni minori ma eguale fascino. Fra queste si ricordano i resti tardo romani della chiesa di San Bernardino (secoli V-VI d.C.), e la semplice chiesetta di San Colombano, intatta struttura d’impianto romanico risalente al XII secolo, impostata su pianta rettangolare conclusa da abside semicircolare. Il portale principale e gli ingressi laterali sono impreziositi da decorazioni scultoree arricchite da immagini di Santi, raffigurazioni antropomorfe, motivi vegetali e geometrici. La superficie esterna dell’abside, rivolta al fiume, è invece percorsa da cornice di archetti pieni sorretti da sottili lesene.
TREZZO SULL’ADDA
Una straordinaria concentrazione di testimonianze storico artistiche fa della visita a Trezzo un momento di grande interesse. All’altezza di Conceso si scorge in posizione sopraelevata la costruzione barocca del Santuario dedicato alla Madonna, sorto nel 1641 sul luogo di un’apparizione miracolosa. L’epoca longobarda è invece stupendamente documentata dal ritrovamento di una necropoli, dalla quale in breve si passa al Castello di età medievale e ancora a numerose chiese e conventi. La cittadina trae poi vanto dall’alta torre del castello visconteo (XIV secolo), che con i suoi 42 metri ci parla dell’antico splendore di queste imponenti fortificazioni.
La Centrale Tacconi a TREZZO SULL'ADDA
La Centrale idroelettrica Tacconi, esemplare significativo d’architettura industriale, segnò sin dal suo primo avvio le sorti economiche del paese, divenendo centro di attrazione di nuove attività produttive. Si tratta di un edificio dal profilo allungato e decorativo, che si staglia sul verde dell’altura retrostante, dominata dai resti delle fortificazioni trecentesche. Realizzata nel 1906 dall’architetto Gaetano Moretti del Politecnico di Milano, la centrale per il suo funzionamento si avvale di dodici bocche di presa, che convogliano l’acqua verso le turbine. Ci pare davvero il caso di sottolineare che, qui a Trezzo, l’azione invasiva dell’uomo moderno ha trovato la giusta misura per inserirsi con rispetto in uno scenario preesistente, fortemente caratterizzato dal corso del fiume e dagli antichi manufatti. Proprio a questo riguardo si ricorda inoltre che il medio corso dell’Adda, grazie alla presenza di ben tre centrali idroelettriche - oltre alla Tacconi di Trezzo si ricordano la Bertini e la Esterle di Cornate d’Adda e le centrali di Paderno – rappresenta in Italia uno dei più affascinanti casi di tragitto d’archeologia industriale.
CORNATE D’ADDA
All’altezza di Cornate la sponda destra dell’Adda si caratterizza per la presenza di due imponenti stabilimenti idroelettrici, testimonianze eccellenti dell’applicazione del gusto liberty, eclettico e ricercato, ad edifici industriali. Entrambe collocate lungo l’alzaia, per sfruttare il naturale movimento delle acque, la Bertini e la Esterle furono attivate a pochi decenni di distanza, rispettivamente nel 1898 e nel 1914, dando così nuova energia alle sorti economiche dei territori circostanti.
Il Ponte di PADERNO D'ADDA
Alla fine del XIX secolo, a ridosso dell’abitato di Paderno d’Adda fu installato lo smisurato ponte progettato dell’ingegnere svizzero Jules Röthlisberger e realizzato fra 1887 e 1889 dalla Società Nazionale Officine di Savigliano. La monumentale opera architettonica, lunga 226 metri, è costituita da una lunghissima arcata metallica, che con i suoi 150 metri scavalca il fiume a un’altezza di circa 85 metri ed è sorretta da nove piloni.
Il Parco del Mincio
Il Parco naturale regionale del Mincio si sviluppa dalle colline moreniche gardesane sino alla confluenza del Po e offre l’opportunità di scoprire ed apprezzare, l’ambiente fluviale padano e le sue peculiarità. Il territorio è degno di nota sia dal punto di vista naturalistico, che dal punto di vista della cultura locale, dove il visitatore può immergersi nelle tradizioni della civiltà contadina e approcciarsi agli antichi mestieri legati alla terra e al fiume. All’interno il parco prevede diversi itinerari percorribili sia a piedi che in bicicletta; ai quali può essere abbinata la degustazione dei prodotti tipici in cantine o caseifici. Lungo il percorso, il parco presenta scenari suggestivi grazie alle innumerevoli riserve naturali. Particolare attenzione merita la riserva naturale di Castellaro Lagusello, nei pressi dell’omonimo borgo, tra i comuni di Cavriana e Monzambano, dove il susseguirsi di vicende climatiche e geologiche hanno dato origine ad una straordinaria varietà di ambienti in cui si alternano uliveti, vigneti, canneti, specchi d’acqua e prati aridi. Esaurito il tratto collinare, in cui il fiume scorre lambendo gli antichi castelli di Ponti sul Mincio, Monzambano e Volta Mantovana, il suo percorso raggiunge la pianura e, dopo Goito, la Riserva naturale delle Valli del Mincio. Superatala, il fiume, allargandosi, forma il lago Superiore di Mantova, caratterizzato dalla presenza di fiori di loto, e poi quello di Mezzo e quello Inferiore, dai quali si può scorgere il maestodo profilo della città. A sud dell’abitato, il Mincio forma la Riserva naturale della Vallazza, dove vivono animali e vegetali di grande importanza dal punto di vista faunistico e naturalistico. Il basso corso del fiume prosegue tra alte arginature sino alla confluenza con il Po presso la conca di San Leone. A 15 Km da Mantova in direzione di Goito, si incontra prima il Centro Parco delle Bertone, nucleo boschivo con le caratteristiche tipiche del parco romantico ottocentesco, nel quale si possono ammirare piante secolari provenienti da tutto il mondo, ambienti umidi che hanno permesso la reintroduzione della rana di Lataste, e aree specializzate per quella della cicogna bianca; poi il Centro Parco di Rivalta, in riva al fiume e con possibilità di escursioni in barca e canoa; e infine l’Ostello del Mincio.